L'esperienza di Francesco con i lebbrosi

Il cuore di carne di Francesco

     All'uomo di carne e di sensi, Cristo arriverà proprio attraverso la vittoria sui sensi e sulla carne: non gli si rivelerà nello spirito, prima di averlo colpito nel cuore di carne; non gli farà conoscere la Chiesa come realtà spirituale da costruire senza prima avergli fatto vedere e toccare una chiesa diroccata nelle sue pietre (la chiesa di S. Damiano). Questa fu la pedagogia della grazia usata da Cristo con Francesco. Il santo di Assisi giungerà a sentire la morte come "sorella" quando ne avrà superata la poesia epidermica e romantica, cioè quando il suo corpo si sarà disfatto a poco a poco. 

Francesco canterà di sorella morte quando gli sarà restato solo un filo di voce, quel tanto che basta per poter sillabare le parole: "Francesco, sebbene soffrisse più del solito per i suoi mali, sembrò trasfigurato ... da una nuova gioia, udendo ripetere che la morte sua sorella era vicina ... e disse: 


    «Se dunque piace al Signore che io debba presto morire, chiamatemi frate Angelo e frate Leone perché mi cantino di sorella morte!». Quando i due gli furono dinanzi, affranti dalla pena e dal cordoglio, cantarono lacrimando il Cantico di frate sole e delle altre creature del Signore, che il Santo stesso aveva composto. Egli aggiunse allora alcuni versi sopra la morte sua sorella, prima dell'ultima strofa, dicendo: 

«Laudato si mi Signore, per sora nostra Morte corporale, de la quale nullo omo vivente po' scampare. Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali! Beati quelli che trovarà ne le tue sanctissime voluntati, ca la morte seconda no li farrà male»". (Spec 123; FF 1823)

 

Il significato di questa esperienza 
 (Vita Prima di Tommaso da Celano)

    All'inizio il gesto di Francesco venne interpretato come un atto di eroismo che diventa la prima sua vittoria ed il suo primo momento di gioia: 

"Nel tempo in cui aveva già cominciato, per grazia e virtù dell'Altissimo, ad avere pensieri santi, mentre viveva nel mondo, un giorno gli si parò innanzi un lebbroso: fece violenza a se stesso, gli si avvicinò e lo baciò. Da qual momento decise di disprezzarsi sempre di più, finché la misericordia del Redentore ottenne piena vittoria". (1Cel 18: FF 348)

 

La fedeltà ad una promessa 
(Vita seconda di Tommaso da Celano)

    In un secondo momento l'abbraccio al lebbroso viene visto come un momento fondamentale della sua conversione dove è ben presente il miracolo dell'intervento di Cristo. Francesco aveva fatto una promessa al Signore ma non aveva il coraggio di metterla in pratica (fedeltà ad una promessa); l'incontro con il lebbroso è l'occasione per compiere questo passo:

    "Fra tutti gli orrori della miseria umana, Francesco sentiva ripugnanza istintiva per i lebbrosi. Ma ecco, un giorno ne incontrò proprio uno, mentre era a cavallo nei pressi di Assisi. Ne privò grande fastidio e ribrezzo; ma per non venir meno alla fedeltà promessa, come trasgredendo un ordine ricevuto, balzò da cavallo e cose a baciarlo. E il lebbroso, che gli aveva steso la mano, come per ricevere qualcosa, ne ebbe contemporaneamente denaro e un bacio. Subito risalì a cavallo, guardò qual e là - la campagna era aperta e libera tutt'attorno da ostacoli -, ma non vide più il lebbroso. Pieno di gioia e di ammirazione, poco tempo dopo volle ripetere quel gesto: andò al lebbrosario e, dopo aver dato a ciascun malato del denaro, ne baciò la mano e la bocca. Così preferiva le cose amare alle dolci (Cfr Pr 27,7), e si preparava virilmente a mantenere gli altri propositi (Cfr. LegM 1,4-5 e 2,6; 1Cel 6.17; 3Comp 8.11.12). (2Cel 9: FF 592)

 

L'amore e il servizio a Cristo
(Leggenda Maggiore di Bonaventura)

    Bonaventura ci racconta che l'esperienza della malattia ha preparato Francesco (quando era giovane) a recepire l'illuminazione dello Spirito Santo. I sogni lo hanno posto in allarme, ma la realtà deve colpirlo violentemente per farlo decidere (Francesco si aspettava di tutto ma non il compito di amare i lebbrosi! Il suo non è stato un gesto di generosità perché ha cercato di fuggire ma non ha potuto far altro che arrendersi ed incontrarli): 

     "Sottraendosi al chiasso del traffico e della gente, supplicava devotamente la clemenza divina, che si degnasse mostrargli quanto doveva fare. Un giorno, mentre andava a cavallo per la pianura che si stende ai piedi di Assisi, si imbatté in un lebbroso. Quell'incontro inaspettato lo riempì di orrore. Ma, ripensando al proposito di perfezione, già concepito nella sua mente, e riflettendo che se voleva diventare cavaliere di Cristo (Cfr. 2Tm 2,3), doveva prima di tutto vincere se stesso, scese da cavallo e corse ad abbracciare il lebbroso e, mentre questi stendeva la mano come per ricevere l'elemosina, gli porse del denaro e lo baciò. Subito risalì a cavallo; ma, per quanto si volgesse a guardare da ogni parte e sebbene la campagna si stendesse libera tutt'intorno, non vide più in alcun modo quel lebbroso. Perciò, colmo di meraviglia e di gioia, incominciò a cantare devotamente le lodi del Signore, proponendosi, da allora in poi, di elevarsi a cose sempre maggiori". (LegM I,4-5: FF 1033-1034)

    Francesco si era preparato a cogliere la volontà di Dio, ma l'incontro con il lebbroso fu un colpo improvviso e duro nella serenità romantica della sua cavalcata. All'inizio reagisce, ma poi gli ritorna alla mente il proposito di perfezione e l'impegno di diventare cavaliere di Cristo. Allora capisce che il Cristo deve stringerselo tra le braccia nel realismo crudo di un uomo infetto da lebbra con il corpo putrido di ulcere e sanguinante (e non contemplarlo soltanto dipinto sull'altare): è la realtà dell'incarnazione di Cristo perché Cristo vive nella nostra carne. Attraverso questa esperienza (nella carne) Francesco si rende conto di tutto ciò che Cristo aveva già operato nel suo cuore ma che recepiva ancora in modo confuso. Così Francesco ha scoperto il fratello che chiamerà fratello cristiano (il lebbroso è l'immagine più vicina a Cristo servo sofferente perché in lui può toccare, compatire, curare la passione del Signore) ed ha conosciuto Cristo crocifisso sofferente e lebbroso. Per potersi identificare a lui chiederà il dono delle stimmate e della croce.

 

Francesco guarendo i lebbrosi guarisce anche se stesso

    L'esperienza del rapporto con i lebbrosi è legata agli inizi e all'umiltà; è unita anche alla freschezza di slancio per vincere la pigrizia, l'attardamento sulle posizioni iniziali, e giungere alla perfezione. Francesco non è soltanto il cavaliere dolce e romantico, cantore delle creature, ma è anche il combattente agguerrito (prima di tutto contro se stesso) in uno sforzo continuo della grazia che lo sostiene contro la debolezza della natura e contro la pusillanimità. Nella cura guarisce i lebbrosi, ma guarisce anche se stesso: 

    "Un giorno che stava pregando fervidamente il Signore, sentì dirsi: «Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che mondanamente amavi e bramavi possedere. Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l'innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai dolcezza grande e immensa soavità». Felice di questa rivelazione e divenuto forte nel Signore, Francesco, mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso. Di questi infelici egli provava un invincibile ribrezzo; ma stavolta, facendo violenza al proprio istinto, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano. E ricevendone un bacio di pace, risalì a cavallo e seguitò il suo cammino. Da quel giorno cominciò a svincolarsi dal proprio egoismo, fino al punto di sapersi vincere perfettamente, con l'aiuto di Dio". (3Comp 11: FF 1407)

    Nel raccontare la vita di Francesco o nell'indicare le caratteristiche della sua spiritualità ci si imbatte spesso nella realtà della lebbra e dei lebbrosi. 

 

    Francesco stesso, quando alla fine della vita racconta la sua avventura, si rifà proprio a questa esperienza: 

   "Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo". (2Test 1-3: FF 110)


Per affrontare questo tema ci baseremo sul lavoro di L. CANONICI,

Lebbroso, in Dizionario francescano, Edizioni Messaggero Padova 1983, 837-854.

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